19/07/12

Manager e incinta: tanto stupore per nulla.



Marissa Mayer, ex capoccia di Google che ha deciso di andare a lavorare per Yahoo! è finita sulle prime pagine dei giornali. Perché è brava? No. Perché è una donna a capo di una grande azienda e soprattutto perché, mioddddio, è pure incinta.

La domanda giunge spontanea: e quindi?
A me viene da dire “e quindi?” perché penso che una che riesce a starsene tra quelli che contano in Google, rischia di far impallidire chiunque anche a Yahoo!. 
Anzi: trovo che abbia un gran fegato visto che un sacco di altri AD hanno mollato l’impresa prima di lei.
E invece mi sono resa conto che non è mica per il carattere e il talento che è finita sui giornali.
No no. Quello che ha fatto notizia è che è stata assunta anche se era incinta.
Ripropongo la domanda: E quindi?
Tanto stupore per nulla.
Ci terrei davvero tanto a tranquillizzare soprattutto quelli che pensano che la maternità sia una specie di stato di grazia in cui ti trasformi in una vergine intoccabile. Tranquilli: la maternità trasforma il fisico, magari ti impalla gli ormoni e si, in genere ti lascia qualche chilo in più e magari una bella cicatrice sulla passera, ma di fatto nulla che non sia conciliabile col lavoro.
O indubbiamente nulla che al suo livello non sia conciliabile col lavoro, perché certamente, una volta figliato, avrà certamente uno stuolo di babysitter e assistenti che l’aiuteranno.
Anzi, io la prenderei proprio come modello: visto che lo stato non offre asili nido e assistenza come si conviene a un paese civile, ragazze, meglio puntare ai posti di potere e fare una fracca di soldi, almeno è possibile pagarsi l’assistenza ai pargoli e continuare a lavorare serenamente.
Puoi lavorare se hai figli? Si.
Puoi lavorare col pancione? Fino a che arrivi alla scrivania si, poi al massimo il computer lo appoggi su qualcosa che non ti dia noia ai movimenti.
Puoi tornare subito dopo aver partorito? Certo che si. Se una non vuole farsi un anno di maternità, libera di farlo.
Puoi lavorare e allattare? Certo. Se nessuno si scompiglia perché tiri fuori la tetta in pubblico, si può eccome. Al massimo passi al biberon (e ve lo sta dicendo una cresciuta a forza di latte artificiale, quindi si può eccome).

E quindi?
Quando la smetteremo di considerare eccezionale qualcosa di estremamente normale?
Alla fin della fiera è dall’alba dei tempi che figliamo senza troppe scene.
Quindi non si capisce dove sia il problema. O la novità. O la notizia.

Se tutto questo clamore si facesse anche per gli uomini?
LO ASSUMONO E TRA DUE MESI DIVENTA PADRE!!!! Eh. E allora?

Ribadisco: non vedo dove sia il problema. Vedo solo dove sta il limite di un pensiero che ci frena da troppo tempo.

06/07/12

E se me l'ammazzano?


Lo so che non succederà. O non è detto che succeda…
Oggi guardavo Emma e mi stavo domandando se ce la farò a crescerla bene. Se riuscirò a capire e stimolare i suoi talenti (certo, ammesso che ne abbia). Se saprò darle le armi, tutte, per affrontare i giorni da qui all’età adulta.
E poi c’è un pensiero che striscia, che non mi piace, che mi fa sentire impotente.
Il dubbio che s’insinua…
Che un giorno possa incontrare l’uomo sbagliato.
Quello che le dirà “non farlo perché io non voglio”. E non è poi così difficile, eh.
Basta poco.
Ho il terrore che finisca in quella gola stretta e soffocante che è l’inettitudine di alcuni uomini. Una cosa che non si vede subito a occhio nudo, che magari non esce neanche dopo anni di convivenza. È quella roba che salta fuori quando li lasci. O quando li metti davanti al fatto “o così, oppure…”
E loro scelgono “oppure”.

A me chi lo dice che questa figlia non me l’ammazzerà qualche cretino, convinto che tanta bellezza debba essere solo sua?
Come faccio a fermare quella mano?
Come faccio a fare in modo che non succeda?
Come faccio ad assicurare a mia figlia, alla mia bellissima bambina, che nessun uomo la ucciderà?
Come?
Davvero i mostri sono solo tanto lontani da noi?
Perché io ogni giorno vedo storie di orrenda normalità, di quotidiana banalità che solo per un dettaglio – una forbice infilata in pancia, un coltello sguainato di taglio sul collo, un martello calato sul cranio – diventano omicidi. O meglio: femminicidi.

Non esiste l’identikit dell’uomo feroce. Non ho le coordinate di quello che potrebbe essere un assassino. Posso solo sperare che quello di cui si innamorerà non si faccia venire in mente a un certo punto di ammazzarla perché la reputa roba sua.

E ho quasi paura, perché più la crescerò rendendola indipendente e sicura, più il suo essere libera metterà in luce le insicurezze maschili.

Ma per fortuna lei per ora se ne frega e va avanti a rosicchiare i soldatini di plastica, prima che qualcuno le faccia notare che sono da maschio, e le femmine di solito non li usano.




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