24/09/14

25 settembre: l'amore adolescente.



La prima cosa che ho pensato di lui quando siamo usciti è che fosse un po’ strano. Non nel senso di pericoloso, ma strano perché ci stava mettendo due ore a fare in macchina un percorso che di massima avrebbe richiesto mezz’ora, quaranta minuti trovando traffico.
E ha parlato, parlato, parlato, parlato. Mi ha stordita a chiacchiere e risate quel giorno.
È andata così, al nostro primo appuntamento, dato una domenica pomeriggio e proseguito fino a sera.
L’ho trovato bellissimo (ovvio!) quando, appena salita in macchina siamo partiti e lui mi ha chiesto se mi dava fastidio il sole e se volevo i suoi occhiali. Se li è sfilati per darmeli e ho visto i suoi occhi verdi. "Azz, verdi", ho pensato. "Mica male".
Nessuno dei nostri figli ha preso i suoi occhi. Il piccoletto sì, ce li ha azzurri, ma non sono del colore intenso dei suoi. Così, in casa, ce li ha solo lui.

È andata così, una specie di colpo di fulmine. E se ve lo state chiedendo, l’ho chiamato io, perché la sera prima mi era piaciuto subito, mente chiacchierava con una mia amica. Lei si è fatta dare il numero e me l’ha passato.
Ho telefonato il giorno dopo, senza avere una scusa buona, solo per la voglia di sentirlo.
Lui ha fatto il resto.

Da lì in poi non ci siamo più lasciati.
Oh, non è che sia andata sempre bene, eh! Pure adesso i nostri scazzi ce li abbiamo. Però in qualche modo funziona.

Abbiamo fatto un sacco di cose insieme:
due figli
una casa
qualche vacanza
molte litigate
un’auto nuova e una usata
una campagna elettorale
una malattia degenerativa
una coppa del mondo
un licenziamento
visto nascere figli di amici e visto morire alcuni dei nostri cari.
Abbiamo fatto la spesa insieme spingendo lo stesso carrello per ogni settimana, dal 25 settembre 1999 in poi.
15 anni.

‘Sti cazzi, topo, ne abbiamo fatta di strada insieme, eh!
Stavamo contando l’altro giorno, abbiamo quasi messo su un chilo a testa per ogni anno (solo che tu sei più alto di me e si notano meno).

15 anni.
Abbiamo un amore adolescente, io e te.
Infatti siamo rimasti due cretini.

E comunque, amore mio, rifarei tutto. Tranne il pranzo al ristorante dopo la cerimonia. Quello ha fatto cagare.

20/09/14

Avere tre anni

Fermarsi a strappare un filo d’erba e volerne uno più lungo due metri più in là. 
Domandarsi quando matureranno le bacche rosse per poterle raccogliere.
Fermarsi a guardare l’acqua che scorre sotto il ponte, e guardarla di nuovo un pochino più avanti, perché non è mai la stessa. Dire “che bello” guardando le ragnatele bagnate di pioggia e dire “che schifo” davanti alle lumache spiaccicate.
Urlare il colore di ogni macchina che si incontra, saltellare su un piede mentre si sbocconcella il biscotto che ha fatto nonna. Cantare una canzone che abbiamo inventato al momento, scegliere il momento giusto per attraversare la strada gridando “presto! Una macchina!” quando la si vede sbucare dallo svincolo lontano, come se fosse comparso un drago.
Chiedersi come mai la linea bianca della mezzeria della strada si rompe proprio lì.
Arrivare all’asilo esclamando un trionfale “ECCOCI!” vedendo che ci si arriva anche da quest’altra strada. Essere felici così, per aver fatto il tragitto da casa alla scuola materna, a piedi.
Dio, mi ero dimenticata quanto potesse essere magico avere tre anni.


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