29/12/07

Il diritto al raspone.

Un amico mi racconta di una conoscente che abbiamo in comune.
Mi dice che un giorno si è alzata in piena notte e ha trovato il marito, calzone calato, in atteggiamento (o forse è meglio dire in azione) inequivocabile davanti al computer e alle immagini downloadate dentro.


Lei ha urlato allo scandalo. Alla fine della relazione.
Matrimonio in crisi.


Un altro amico con la moglie incinta l’altro giorno si lamentava che lei, viste le condizioni, ultimamente è molto meno disponibile, quindi lui dovrà andare di mano.
Cosa che lo fa sentire un quindicenne.

?!

Io credo che certi momenti di intima solitudine siano alla base di un rapporto che funziona.
Credo che sia giusto, a un certo punto, capire che è il momento di non andare di là, quando lui è in salotto da solo, alle due di notte, e il volume della TV non si sente.

Credo che sia assoluta delicatezza, quando lui si alza dal letto e ti dice “vuoi la colazione?” e tu che strizzandogli l’occhio gli dici “lasciami qui altri dieci minuti. Da sola”.


Io sono assolutamente dalla parte della masturbazione.
Mani in alto chi non la pensa come me.

28/12/07

Amami, bastardo!

Non so voi, ma io dal Dottor House mi farei dare chilometri di cazzo.
Finalmente abbiamo smesso con gli eroi candidi.

Quelli o tutti buoni o tutti cattivi.

Voi per chi patteggiavate in Star Wars?

E quante volte avete sperato che i dobermann di Higgins riuscissero ad azzannare alle palle Magnum P.I.?

Parliamo di Hazzard? Perché quella gran topa di Daisy non l’ha mai schifata nessuno?

Che voglia di ammazzare di sberle le fatine buone, le sirenette, Harry Potter.

Che gioia, nelle sfilate televisive a piazza di Spagna, veder franare le modelle sugli scalini.

Io, nella corrida, faccio sempre il tifo per il toro.

26/12/07

Che cosa ti ha portato Gesù Bambino?

Lo so cosa volete sapere: la lista dei regali.
Ok.
E’ arrivata una cravatta.
Un completo con un top e una bellissima gonna da femmina (perché ho deciso che nel 2008 mi vestirò da femmina. Bandirò il più possibile i calzoni).
Un favoloso smalto rouge noir di Chanel, colore che mi agghinda le unghie e mi aiuta a scrivere con più piacere anche adesso.
Un set per la fonduta della nutella.
Libri (due)
Un cd/DVD.
Un set con matite colorate e blocco da disegno.
Una moleskine con pennino e inchiostro.
Una borsetta con portafogli abbinato.
La smemoranda.
Creme e saponette per la pelle.
Un completo intimo da babba natala.
Una candela per la casa
Delle manette tempestate di brillanti.

Se faccio il conto delle cose che ho ricevuto senza conoscermi, ne esce un ritratto di una donna poco casalinga, buffa, con un po’ di gola e attratta dalla creatività spiccia, manuale.
Se mi guardo con gli occhi degli altri, vedo una persona nella media, forse neanche troppo interessante.

Però mi faccio ridere da sola.
Io proprio non ci riesco a prendermi seriamente. E mi sa che da fuori si vede.

18/12/07

La figa è figa. Quindi?

Si è fatta dare l’appellativo di Superstar.
Pubblica le sue foto osé dove balla con addosso una minigonna che sarebbe meglio definire giropelo.
Posta messaggi a tutti dicendo di andare a vedere le sue foto di Mikonos per vedere lei e tutta la gnocca che ha popolato l’isola quest’estate.
E allora ci vado a vederla.
Strano addentrasi in questa intimità autorizzata di lei, le foto con gli amici:
lei che prende il sole in topless, lei che balla sulla spiaggia al tramonto insieme a tutta una comitiva e le uscite la sera che finiscono sempre con un cocktail in mano e lei e le sue amiche col culo fuori per fare vedere il perizoma.
E andando avanti è tutta così la sua vacanza: ci sono scatti in ordine cronologico, lo si capisce dall’abbronzatura.
Tutti i giorni uguale. Topless, ballo sulla spiaggia più o meno avvinghiata a qualcuno, serata pseudo porno semi alcolica.
Tutto qui. La sua estate è questa. E anche la sua vita.

Magari è davvero felice.

Mette on line commenti che fanno drizzare il pelo (e non solo quello) ai maschietti.
Chiede consigli su come rasarsi la passera.
Scherza sul fatto che ha copiato il post da un libro e tutti i maschietti ci sono cascati come porcellini (giuro, ha scritto così).
Il ritratto di lei sono le sue enormi labbra col piercing.
Gigantografie di lei che balla in discoteca strizzandosi il seno in favore di macchina.
Sdraiata sui divanetti del Plastic mentre si succhia le dita, languida.

Sulla page del suo space ha messo la copertina del mio libro.
Pare sia il suo preferito.
Me lo ha annunciato con orgoglio come se potesse farmi piacere.

Un uomo che ci conosce entrambe l'ha definita "una troia qualunque". Ma intanto chiama lei. E non me.
Lei che sbaglia gli accenti e gli apostrofi, ma si vede che non è importante.
Lei che comunque piace agli uomini.
Maschi che di fatto le scrivono messaggi.
La portano fuori.
La stendono.

Dai, tiratela fuori voi la differenza tra lei e me.
Ah, vi dico subito che lei è più bella.

Facciamo il gioco delle differenze, vediamo se mi convincete: perché dovrebbe essere meglio farlo con me che con lei? (ammesso che con me sia meglio).

Un punto a mio favore ce l'ho: scrivo un po' con l'apostrofo e non con l'accento.

Siete liberi anche d'insultare. Vediamo se ne cavo qualcosa sulla psicologia maschile.

Annunciazione.

La gente scende dal vagone ordinatamente.
Gli altri non hanno ancora cominciato a salire.
E’ una mattina milanese tranquilla. Come non ne vedo da tempo.
C’è un clima di cortese convivenza prenatalizia.
Prima ancora che lo scambio di passeggeri avvenga, dall’altoparlante scatta la voce del conducente che dice :
“A vetture complete non insistere! Lasciar chiudere le porte!”
La gente fa tutto con calma. Nessuno spinge. Nessuno urla.
E’ tutto di una tranquillità surreale.
Solo la voce è stranamente aggressiva. Fuori sync con quello che sta succedendo.
“Ripeto! A vetture complete si prega di non insistere!”
La gente si guarda perplessa mentre prende posto.
Dei ragazzi dicono tra loro: “Beh, almeno ci faccia salire prima di rompere!”
La vettura è completa, Tutto ordinato.
Nessuno di accalca sulle porte all’ultimo secondo.
“Se si insiste si creano dei ritardi inutili! Lasciar chiudere le porte!”
E infatti sulle porte non c’è nessuno.
La gente si guarda e ride di questa strana litania rabbiosa che viene ripetuta senza motivo evidente.

Poi scatta quella specie di sirena afona della chiusura porte.
Nessuno capisce perché, di default, i conducenti debbano essere scortesi.
A natale siamo tutti più buoni. Magari si sprecassero ad essere più creativi.
Secondo me era il giorno buono per farlo.

Forse ci prendono gusto.

Forse è la loro rivincita: una volta tanto tutti hanno dato retta a ciò che stavano dicendo.

13/12/07

Letterina

Io come regalo di natale vorrei riabbracciare il mio amico Roberto Saviano.

E basta.

03/12/07

Accanimento (ore 21.25)

Hai presente quei giorni dove la mattina comincia con una gomma bucata?
Il tempo di fare pochi chilometri e io dico: sento un rumore strano, pare di stare seduti su un frullino.
E infatti tocca tornare indietro, cambiare auto e arrivare con mezz’ora di ritardo.

Hai presente quei giorni in cui hai la nausea e non vedi l’ora di mangiarti qualcosa di caldo?
Ecco, lo ordini qualcosa di caldo.
E te lo portano. Però è salatissimo.
A te ormai è montata la nausea e rinunci anche a fartelo cambiare. Mangi un boccone di pane.

Hai presente i giorni in cui il treno è in ritardo e prendi al volo quello dopo che miracolosamente arriva in orario? Ecco. Salti su quello in orario e, bella come il sole anche se ormai è il tramonto di un giorno terribile, arrivi in orario alla pensilina degli autobus e aspetti il pullman per tornartene bel bella a casa.

Hai presente quei giorni a 2 gradi, col vento freddo, sul piazzale dei pullman a Varese ad aspettare un bus?
Ecco. Quel quarto d’ora di attesa che diventa venti minuti, che diventano trenta, che diventano quaranta, che diventano porcaputtanastocazzodipullman!
A cinquanta minuti e rotti, smetti di sperarci, pensi che potevi essere a casa da un’ora, e ringrazi dio d’averti fatto conoscere Monica e Marina, visto che se non fosse per la loro compagnia e la loro disponibilità, tu staresti a piedi.

Hai presenti i giorni così? Quando la sfiga le inanella una dopo l’altra?
Ecco.
Io ho appena passato un giorno così.
Sono appena rientrata dalla porta di casa.
Sto per scottarmi la lingua con una minestra bollente.
Aspetto un uomo che, a questo punto, prego che rientri incolume dalla porta, dopo di che tenterò di dormire serenamente.

Ma perché la vita si accanisce con tanta dovizia di particolari su di me?
Il fatto di avermi già fatta piccola e pelosa non è abbastanza?

24/11/07

Quando si dice tanti auguri.

Poi senza avviso arriva con un rasoio di quelli della pubblicità.
Nella mano destra la schiuma da barba.
Mi dice solo “ti va?” e si siede sul tavolo.
Le ore dopo sono un intenso ripasso di quanto sia bello farla tornare bambina.

Lo so, ti avevo promesso che non l’avrei scritto.
Ma ti ho mentito.

Buon compleanno, Daria.
Anche se sei diventata grande sei sempre il mio piccolo tesoro.

23/11/07

La sottile differenza.

La sottile differenza tra te e lui è che lui mi dice che sono la sua micia divina.
Capito? Non carina, non bella: DIVINA.

La sottile differenza tra te e lui è che lui mi fa sentire speciale anche se vede le altre.
Non so come fa, ma gli viene bene. Tu no. Tu mi fai incazzare e basta.


La sottile differenza tra te e lui non è così tanto sottile, perché si misura in abbondanti centimetri di differenza. Ovviamente a suo favore.



Pensare che ti sarebbe bastata una sola telefonata. Una sola telefonata ogni tanto.

19/11/07

L'odio.

Siamo a tavola, sole, parliamo di tutt’altro.
A un certo punto comincia a salire ‘sto sorriso a metà faccia.
Inclina la testa a destra.
Guarda il piatto, e mi dice “devo dirti una cosa…”
Il sorriso si fa più largo.
“Aspettiamo un bambino”.
Mi si incolla in faccia una specie di ghigno di granito che non sale e non scende: resta più o meno a metà in una roba che si capisce, vorrebbe dire “ma che bello” e in realtà è “ma vaffanculo”.

“Bene” balbetto.
A questo punto tutto il dialogo precedente viene cancellato, subissato da tutt’altro.
Io e lei ci conosciamo da anni e che ci frequentiamo a fatica.
E’ una specie di amicizia imposta dal gioco delle coppie.

“Sono di due mesi!”
“Bene”

Lo dico ma non lo penso.

In quel preciso istante mi rendo conto di essere una donna orribile.

Io non sono felice per lei.

Non riesco a strapparmi dalla faccia quest’espressione. Un ascesso amaro di risa. Una smorfia di congratulazioni.
Lei va avanti a snocciolare dettagli di quanto non ci pensava, di tutti i suoi problemi fisici, di quanto fosse e sia stressata.
Lei che lavora a due metri da casa e alle cinque ha finito.

Lei.
Lei si e io no.

Poi parte coi dettagli dei sintomi, le nausee, e “guarda, sono anche dimagrita un chilo”

Lei.

E io penso che la natura davvero ha un pessimo senso dell’umorismo.
Questa donna di così poco talento si riprodurrà.
Lei che fa un lavoro che non le piace.
Lei che ha un matrimonio che va male.

Lei.


Non sanno come chiamarlo.
Non si sente pronta.
Certo che non lo sei.
Avessi deciso io, non lo saresti stata mai.

Lei sceglierà corredini. Passeggini. Biberon.
Lei si sentirà chiamare mamma.

Lei, che non ha nessun talento.
Lei che non ha niente che io possa invidiare, a parte questo.

Lei.

“Sono felice per te”, dico.
E non è vero niente.
In realtà la odio perché lei ci è riuscita e io no.

Non voglio consigli. Non voglio farmi consolare, non voglio sentirmi dire che ho tempo.
O che sono giovane.
Non sono giovane.
Ho una cazzo di data di scadenza anch’io.
Ho un orgoglio.
Ho un corpo che fa tic tac da due anni a questa parte.

Ho un ciclo mestruale che settimana scorsa mi ha giocato un brutto scherzo, illudendomi.

Ho pianto urlando che non era giusto.
E non è giusto.

So solo che non è giusto.
E sono stufa di avere donne incinte attorno.
Sono stufa.

Quando usciamo da casa loro riesco solo a dirgli:
“Preferisco non vederli per un po’”, mentre lei ci fa ciao ciao dalla porta.

Questa fitta densa è invidia.
Sono male che cade a picco.
Sono un baratro di rabbia contro la vita.
Sono un buco nero d’odio.
Sono un concentrato puro di male augurabile al peggio.
Sono fermento distruttivo.
Sono tutto il colore nero.

Sono cattiva. Senza alcuna attenuante.

Io la odio nel modo più sano possibile.

11/11/07

Tu chiamale, se vuoi, presentazioni.

Mi ha contattata circa 9 mesi fa con una lettera educata:
è avvocato presidente di non so bene che albo e che associazione.
Mi dice che gestisce un circolo culturale a Mendrisio, e che gli piacerebbe avermi ospite per una presentazione.
Se per favore, posso contattarlo.
Mi sembra gentile. Allora lo contatto.

Ci sentiamo.
Mi tiene al telefono non so quanto. E’ uno che si dilunga. E’ indubbiamente colto.
Niente da dire.
Sta pure studiando l’ebraico antico, tra l’altro.
Gli piacerebbe incontrarmi per chiacchierare di persona della presentazione.
Lui ha una casa al Sacro Monte, dove va a passeggiare sempre il sabato.
Perché non vado a farmi una camminata?
Perché no. Perché io il sabato mi chiudo in casa. E guai a chi mi tocca.
Beh, allora ci si può vedere in Varese prima che lui cominci la salita al sacro monte.
Grazie, ma io il sabato ho da fare. Anche niente, ma ho da fare.

Ok.
Magari ci sentiamo più avanti?
Mah, perché no.
Va bene.


Di lì a qualche giorno mi arriva un SMS:
Per caso la prossima settimana prenderà un treno per rientrare a Varese.
Per caso lo prendo anch’io?
La prima volta no. La seconda no. La terza neanche. E gli SMS continuano.
E’ meglio che prima o poi mi capiti di prenderlo quel treno, prima che mi tiri scema.


Bah!
E’ la mia tratta… un giorno capita e ci vediamo.
Ultima carrozza.
Parla.
Mi chiede un po’ di me. Mi dice che per questa presentazione è previsto un compenso.
Meglio.
Mi chiede se conosco qualcuno che possa essere interessato a fare la presentazione per attirare un po’ di gente.
Mah… ipotizzo Scarpa.
Scarpa sarebbe fantastico!
Sì, dico io, ma Scarpa fa una vita particolare… è sempre in giro per il mondo. Vediamo.
Pare che ci sia un compenso anche per lui.
Bene.
Allora glielo chiedo.
Siamo a marzo. Per quando è prevista la presentazione?
Novembre.
8 MESI!

Da questo punto in poi, con una cadenza mensile se non addirittura settimanale, mi arrivano domande per sapere se Scarpa ha accettato oppure no.
Scarpa, cortesissimo, si rende disponibile, salvo il fatto di non poter assicurare la propria presenza con così tanto anticipo. Al massimo lo può dire un mesetto prima, non di più.
Lo spiego.
Nonostante questo riprendono le richieste “Scarpa c’è o no?”
Poi cominciano delle richieste strane tipo:
Ma lui viene da fuori?
Certo, viene da Venezia. O da qualunque luogo dove si trovi in quel momento.
Ah, quindi bisogna pagargli il viaggio?
Beh… direi di sì. E pure il pernottamento.
Eh…

Allora rinuncio al mio compenso pur di avere Tiziano, e pur di assicurarmi una dignitosa sistemazione per lui, Anzi. So già che se mi proporranno un posto meno che bello, piuttosto Tiz lo sistemo al Grand Hotel a spese mie.
A lui non lo dico: altrimenti, gentile com’è, rischia di volerselo pagare da solo.

I mesi passano.
Le telefonate no.
Le richieste si fanno bizzarre…
Ma questo Scarpa viene ? (ho detto che non lo posso dire in anticipo!)
O non lo farebbe gratis (e secondo te come campano gli scrittori? Solo coi libri? Questa richiesta tende subito a farmi innervosire. La pretesa che una persona del genere perda gratuitamente il proprio tempo approfittando dell’amicizia che ci lega, mi fa imbestialire. La cosa comincia a puzzarmi)
Oppure non c’è qualcuno che abita più vicino, che ha la macchina, così fa avanti e indietro da solo?
Che so… Montanari!
No. Montanari non può. Decido in anticipo che sarà molto occupato. E in quel preciso istante ho deciso che anche Scarpa non potrà.
Vista la faciloneria della persona, decido di salvaguardare i miei amici e decido che no, nessuno dei due avrà tempo.
Mando una mail a Tiz scusandomi per la rottura di palle (che di fatto è andata avanti mesi siamo a giugno. O luglio.)
Inventerò io la scusa buona per levarlo d’impiccio, visto che l’operazione sta prendendo una piega poco seria.



Settembre.
Sono quasi in ferie. Il tizio mi richiama.
Scarpa?
Ha detto di no! Ribadisco io. E basta.
Ok. Allora la data va bene?
Non mi hai dato nessuna data. E poi sto partendo per l’Egitto.
Lui mi dice di chiamarlo quando sarò là.
Se lo scorda: io in vacanza spengo il telefono e tanti saluti.
Anche se chiamasse Dio, troverebbe staccato.
Possibile, per una telefonata?!
Già. E’ assolutamente possibile, anzi certo, che io non faccia nessuna telefonata.
Tantomeno a uno che dovrebbe occuparsi di organizzarmi una presentazione senza rompere troppo le palle.
In vacanza mi manda un SMS con la data della presentazione.
Non gli rispondo: sono stanca di ripetere sempre le stesse cose.

Torno.
Per scrupolo gli mando una mail riconfermando l’assenza di Tiziano (credo di essere arrivata almeno alla decima volta)

Mi risponde con un “non amo scrivere le mail. Chiamami”
E che cazzo! Fa l’avvocato. Si è vantato di aver vinto cause milionarie.
Ha case e ville. E io lo devo chiamare?
Non lo faccio.
Si chiama questione di principio.
Fino a prova contraria è lui che ha bisogno di me e non viceversa.

Passano forse 15 giorni.
Mi arriva un SMS piccato dove mi si chiede se sono ancora interessata alla presentazione, che ancora non ho dato risposta se va bene la data e insomma non si fa così.

N.B. in quei giorni stavo giusto impazzendo per quadrare la famosa presentazione di Carnago che, diciamocelo, non è stata facilissima da mettere insieme: orari, mail, richieste…

Dico che la data va bene (…che strano, non mi ha chiesto se Scarpa viene. Che l’abbia finalmente capito?)

Il giorno dopo lo chiamo, visto che lui poverino ha degli evidenti problemi anche col telefono, oltre che con la testa.

Mi dice che farà lui la mia presentazione. Io già penso che la gente s’addormenterà.
Poi mi chiede se di solito il mio compagno viene a vedermi alle presentazioni.
Certo che ci viene, ma questo cosa c’entra?

No, visto che lui non guida, bisogna trovare qualcuno che porti me, lui e un altro paio di carampane fino a Mendrisio.
Giuro che non ci voglio credere.
Eh, no! Decido all’istante che il mio compagno è indaffaratissimo e no, non ho nessuno che mi possa portare.
Allora lui chiederà a suo figlio che ha una ventina d’anni e che non è molto contento di doverlo scarrozzare. Comunque farà ‘sto sforzo.
Ah, e per il ritorno? Dove ho detto che abito?
No, perché al massimo mi riaccompagna a Varese, non più in là.
Il figlio è già troppo gentile a portarci. Non riesco a farmi riaccompagnare da qualcun altro da Varese a Mornago?
Io con un minimo di ironia dico… Beh, posso passare la notte sul divano di casa dei miei.
Tanto loro stanno a Varese, voglio dire: cosa sarà una notte su un divano per una che scrive i libri?
Non capisce l’ironia e mi dice “bene, allora questa l’abbiamo risolta”
Poi mi chiede una breve biografia da mandare a un suo amico ticinese che stilerà la locandina d’invito.
E mi chiede di mandargli qualcosa della mia rassegna stampa.

Gli dico che devo vedere e cercare le cose più interessanti.
Mi dice di spedirgliele per posta.
Non si fa neanche venire il dubbio che per me quella è una spesa- minima ma è una spesa, e che la cazzo di telefonata che sta durando da circa venti minuti la sto pagando io.
In tutto questo le parole Grazie e Per Favore, non sono mai contemplate dal suo vocabolario.
Manca un mese alla fatidica data.
Io sono già al limite della pazienza.
Ma mi dico che è anziano, che dopotutto una presentazione e mi potrà servire per farmi le ossa, e poi vaffanculo, ma voglio proprio vedere se me li dà quei soldi.

Poi di lì a 10 giorni il mio adorato nonno ha un veloce peggioramento della salute, entra in ospedale.
E venerdì scorso muore.
Io sono a pezzi.

Sabato, mentre mangio ingoiando vino e pianto, mi arriva una telefonata.
Allora Valentina, questa rassegna stampa, insomma!
Ah, già… guarda, ho avuto una serie di problemi.
Eh, ma io te l’avevo chiesto insomma, non si fa così!
Mario, ti ho detto che ho avuto problemi.
Oh, guarda che io ho da fare, ho molti impegni, non ho solo questo da fare.
Mario, siamo in due ad essere piuttosto impegnati.
Perché insomma, se non ti interessa… ti ho chiesto la rassegna stampa, devo prepararmi le cose da dire…
Mario, potresti anche sprecarti ad essere più educato comunque… il tono di questa telefonata non mi piace.
Io sono stato educato, sei tu che non mi hai ancora fatto avere niente.
Mario, ho appena avuto un lutto in famiglia, sono emotivamente provata, ti invito ad avere un tono più cortese…

(non mi ascolta e spara l’unica frase che non doveva dire)

Eh, oh, guarda che alla fine sei tu che devi essere presentata, mica io!



Lascio passare un secondo di silenzio. Chi mi conosce sa che quel secondo di silenzio segna l’inizio dell’inferno. La voce mi si alza di diversi decibel, E chiunque si trovi fisicamente a pochi metri da me si allontana di propria iniziativa perché faccio paura.


Sono io che devo essere presentata, non lui.
Ma che cazzo pensa di farmi questo qui? Un favore?
E’ da mesi che mi rompe le palle, che mi fa perdere tempo.
Sono stata tanto gentile da star ad ascoltare le su cazzate.
Mi sono anche sbattuta per vedere se potevo migliorare la serata.
Mi sono sorbita paziente le magagne di questo idiota totalmente incapace di organizzare una cosa qualunque.
Ma per chi mi ha presa?

“Beh, c’è una cosa che non hai capito:
non sono io che ho bisogno di te. Sono stata fin troppo gentile ad ascoltare le tue minchiate fino adesso. Non me ne frega niente di te, delle tue fotocopie, di quello che hai bisogno.
Anzi, sai che c’è? CHE LA TUA CAZZO DI PRESENTAZIONE TE LA FAI DA SOLO!”


Attacco. E finalmente mi libero di questa tenia.
Mai stata così bene.
Non pensavo che mandare a fanculo uno stronzo potesse essere così terapeutico.

Dopo pochi secondi mi arriva un SMS che dice:
“Quanca la merda la munta in scagn o la spuza o la fa dagn.”

Che tradotto significa che quando la merda sale in trono (o in cattedra, o sulla sedia)
O puzza, o fa danni.
(detta in parole povere sono una merda che si è montata la testa)

Personalmente trovo che sia l’epitaffio perfetto da mettere sulla sua tomba.

Morale della storia:

Se volete organizzare una presentazione io ci vengo.
A patto che mi vengano organizzati e pagati spostamenti, trasferta, disturbo e quant’ altro.
E le fotocopie della rassegna stampa fatevele da soli.

Ho ufficialmente smesso di essere gentile.

07/11/07

Foxy Lady

“Se non hai nessuna groupie che ti gira intorno, allora è chiaro che non stai facendo sul serio” (Frank Zappa)

Io faccio sul serio.
Infatti ho le mie groupie.
Mi si stanno facendo attorno col tempo.
Belle, devo dire.
Tutte quante.
Alcune molto più di me.

Sono di una bellezza che non mi merito.
Hanno letto le mie pagine, vorrebbero che dedicassi loro lo stesso interesse che ho dedicato alle donne che descrivo.
Vorrebbero provare.
Rischiare.


E’ la prima volta che mi capita di essere al centro di tanto interesse al femminile.
Alcune si dichiarano disposte a tutto, innamorate.
Altre si confidano, dicendomi che si masturbano e che la gente, soprattutto le amiche, non le capiscono.

Qualcuna fa la gattina.
Ci prova come farebbe con un uomo.


Si vendono come disinibite.
Totalmente disinibite.
Pericolose addirittura.


So cosa vuole una donna da un uomo quando fa così.
Parliamoci chiaro: è facile farli abboccare.
Il maschio tracima e si zerbina a una velocità imbarazzante.

Non ci vuole niente a sdraiare un maschio.

Ma io no.
Io non sono un maschio.
Anche se mi manca il cazzo per essere l’uomo perfetto.

Ho aspettative più alte.
Sono una gara ben più difficile.

Non mi basta una foto scollacciata o qualche ammiccamento per farmi eccitare.
Non mi bastano le promesse.
Io ci faccio caso se “un po’” lo scrivono con l’accento invece che con l’apostrofo.
Le voglio di un certo livello.

Le sgallettate le lascio sotto il palco di qualcun altro.

Cosa volete? Cosa vi aspettate davvero?

Volete entrare a pieno titolo nelle mie pagine?
Vi ci volete leggere nude, crude e sode?

E’ questa la priorità?

Solo questa?

Cosa siete disposte a fare?

06/11/07

Sorridete, dopotutto è un funerale.

Beh, a guardar bene non è che sia poi tanto diverso da una festa: ci sono fiori, gente che ti viene a salutare.
Ci sono anche le candele da spegnere, peccato che non ci sia nessuno a cui cantare “Tanti Auguri”.
Alla fine è come l’ultimo dei compleanni.

Ci sono anche i parenti che non hai mai visto e mai più rivedrai: rami di un albero genealogico che pensavi di aver potato, e invece ti compare il cugino del cugino del fratello di Parma (perché, il nonno aveva fratelli anche a Parma?), che ti chiede “E’ qui il morto?”

Già. Il nonno per quel giorno, almeno per alcuni, diventa “il morto”. Un’entità che di norma è meglio non avere in casa.

Buffo anche che ne parlino con frasi tipo “Eh, il nonno è andato”…
E non lo so perché ma me lo immagino mentre allunga la corsa, in bicicletta, e stacca tutti gli altri in un trionfale assolo ciclistico, come mai gli ho visto fare.
Noi dietro, a inseguirlo coi fiori in mano, che sei morto, dove mai vuoi andare?


Il morto ieri aveva un bel cappotto di legno, visto che la giornata era bella ma fredda. Aveva anche i fiori coi nomi delle nipoti e dell’unico maschietto nato da una famiglia matriarcale, dove noi donne la facciamo da padrone.

Nonno l’hanno messo nei forni, che detti così non hanno un bell’immaginario.
Non è per terra. Diciamo che è al terzo piano di un condominio decisamente silenzioso.

Che strano, arriva un certo punto in cui devi decidere anche quando è il momento di parlarne al passato, e il trapasso si fa anche grammaticale.
A un certo punto smetti il plurale, anche se i nonni eri abituato a citarli in coppia.
Adesso resta solo la nonna.
E ti verrà automatico cambiare anche il nome nella rubrica del telefonino.

Lui non vedrà mai i miei figli. E questo è un altro dato di fatto.

Magari possono sembrare cose brutte da dire, ma da me c’è quella che chiamiamo “la regola del rimpiazzo”.
Per esorcizzare la morte, si finisce a fare la conta di chi ha preso il posto di qualcuno che se n’è andato.
Mia sorella è il rimpiazzo della Bisnonna Elvira (la nonna della mamma).
Edoardo, mio nipote, è il rimpiazzo di una zia del parmigiano che neanche avevamo mai visto.
Gioele (altra new entry cuginifera) è il rimpiazzo dell’altra nonna.

Io non sono il rimpiazzo di nessuno.
Quell’anno lì è andata bene e abbiamo chiuso in positivo.
Vita batte morte uno a zero. Goal di Valentina Maran.

Adesso di rimpiazzi vuoti ne abbiamo due: la zia Titti e il nonno.

Qui tutti si aspettano che io resti incinta prima o poi.
E un attimo di pressione te la senti addosso.


Mio nonno faceva il sacrestano. O il secrista, come si dice da noi.
Quindi mi aspetto che gli abbiano dato un posto di riguardo. Almeno per il servizio prestato.
Io ho un bel ricordo della chiesa. Ci giocavo.
Mi piaceva quando svuotavamo i baracchini delle offerte e io tentavo di convincere il nonno a tenerci i soldi, e lui che mi diceva che non si poteva perché LUI ci vedeva. E faceva cenno verso l’altare.
Io ho sempre pensato che Dio si facesse un po’ poco gli affari suoi.

Ricordo che c’era un crocifisso enorme in sacrestia, una roba a grandezza naturale.

Quando si passava di lì mi faceva sempre baciare i piedi della statua.
Ricordo il chiodo che trapassava i piedi sovrapposti.
Il sangue disegnato che gocciolava.
Io facevo la solita domanda “Ma non lo possiamo tirare giù?”
E lui “no, deve rimanere lì”
E fine della storia.
Poi c’era il dubbio lecito, perché quest’ uomo nudo aveva giusto un drappo a coprirlo lì, e io volevo sapere se sotto ce le aveva le mutande.
Nonno rideva e diceva “Sì”.
E secondo me è ancora una buona risposta.

Mi sa che prima o poi ci torno in sacrestia, a guardare quel crocifisso, per vedere che effetto mi fa.

Ieri si è chiusa definitivamente la parte latente della mia infanzia.
Pace.
Però è stato bello.

30/10/07

Beatrice Borromeo.

Beatrice Borromeo per due ore tra le mie mani.
Potrebbe solo migliorare.
A cominciare dalla voce.
Poi dai gesti.

Imparerebbe un po'.
Sì, sarebbe un po' meno signora.
Ma scommetto che non v'importa.

Due ore bastano.
A me bastano.

29/10/07

I sintomi e la cura.

Bendata, legata, inginocchiata davanti a te, aspetto il tuo sperma come l’ostia.
Attendo che tu m’asperga con la tua benedizione.
Voglio che entri, che assaggi ogni cosa.
Voglio che umetti ogni mio buco d’umore, che mi allarghi per farti spazio.
E se serve fammi provare dolore.
Voglio la tua lingua che striscia in ogni anfratto il mio nome.
Cura la mia voglia di cazzo, dottore.

25/10/07

Nome

"Le ho strofinato addosso il suo nome con la punta della lingua ripetendolo fino a che lei ha raggiunto il culmine."

Questo lo scrive Tiziano Scarpa su "ilprimoamore".

Mi piace pensare che ci sia un uomo capace di fare e di dire certe cose.

Ce n'è qualcun altro lì fuori?

23/10/07

Carnago e Carnalità.

C’era gente. Ed è già qualcosa.
C’era Raul. Il che ha reso molto più interessante la serata.
Era bellissimo, fisicato, di nero vestito, e coi suoi meravigliosi tricipiti esposti (tricipiti, sì, perché secondo lui il bicipite ha una forma abbastanza ovvia, non è un muscolo interessante. Il tricipite definisce meglio la figura).
Quando si è tolto il maglione il livello ormonale femminile nella stanza si è alzato notevolmente.
Si sono arruffati i peli, si sono alzate le minigonne e aperte le scolature.

Anna non a caso aveva un miniabito corto.
E sempre non a caso si è fiondata da lui a parlare, nonostante l’altra volta mi avesse detto che gli stava antipatico.
L’Assessora alla Cultura abbondava di forme. Dentro e fuori gli abiti.

E poi c’erano le signore del “Lui l’ho già visto in tv”.
C’era quella voglio ma non posso, che vuole farti una domanda, l’incipit è “siccome anch’io scrivo” e poi parte col pippotto da 20 minuti e alla fine le chiedi “va bene, ma la domanda qual era?”

C'era Stefania col figlio minorenne. Ed è stato divertente vedere l'interazione tra madre e figlio durante un discorso così piccante.

C’erano gli amici. Quelli tanti. Anche in ritardo.
C’era pure Dario, che mi ha scritto un anno fa. Non l’avevo riconosciuto. Ha un bel sorriso.
E non è tanto alto.

C’era Gigi, che ha fatto ridere tutti con la battuta giusta nel momento perfetto.

C’erano i biscottini e il the.

C’era molta intimità.

C’era gente che ha ascoltato e poi è andata via.
E va benissimo così.


C’ero io. E mi sono piaciuta molto.
Merito del trucco. Del vestito. E merito di Raul, che ha reso tutto così perfetto.

Sono felice.

19/10/07

INTERDET

Non so se avete letto dell'ignobile disegno di legge di Levi e Prodi contro internet.
Trovate tutto sul sito di Beppe Grillo.
Bene. Queste persone al governo si devono curare, perché hanno dei grossi problemi.
Lo dico perché è evidente che non stanno bene.
Mi auguro che rinsaviscano in tempo.

Signori: VI DOVETE CURARE!

Esistono psicanalisti. Potete permettervi cliniche private.
Usatele.

Avete bisogno di vacanza... anzi: perché non state direttamente a casa?

Comincio a farmi serie domande sulla vostra capacità di intendere e di volere.

E credo che se le stia facendo tutto il popolo di internet.
Il problema è quando cominceremo a darvi risposte.
Allora sì.

Stasera.

Vi aspetto, neh?
Avrò la gonna.
Credo.

17/10/07

L'estetica della trasgressione.

Ieri sera facendo zapping sono incappata casualmente in “Ciao Darwin”.
Si fronteggiavano due schieramenti: madri di famiglia vs trasgressive.
Le madri di famiglia vestite da sciure, le trasgressive vestite da travoni.

Le prove ovviamente sono state delle più banali: camicie da stirare, e lap dance al palo da improvvisare.

E’ quello che non mi piace della tv: il dover rendere esteticamente palese un modo d’essere.
Esemplificare secondo tagli troppo netti, troppo approssimativi, le persone. O la realtà delle persone.

La mia amica Doroty oggi è arrivata in ufficio dopo aver accompagnato i figli all’asilo.
Mi ha riportato il mio frustino in una voluttuosa custodia nera.
L’aveva tenuto in borsa, vicino al biberon col succo alla pera.
Me l’ha riconsegnato senza cerimonie, come si restituisce un pacchetto di zucchero.


Più tardi, chiacchierando di calze e scarpe come al solito, ho intravisto sotto il lembo della gonna i lividi dell’amore, lasciati in posti che non si vedono.
Posti che solo lei e qualcun altro sanno.

Nessuno sbandieramento.

E’ bellissima questa mamma dal sorriso solare, che sa cucinare delle zuppe d’orzo favolose.
E’ bellissima quando si accarezza di nascosto i segni delle corde.

E l’unica concessione che fa al pubblico è lo smalto Rouge Noir di Chanel sulle unghie.

Ah, se la gente sapesse… Però non lo sa. E forse non arriva neanche a immaginarlo. Ed è proprio questo il bello.

16/10/07

Ebbene si! Di nuovo Carnago.

Lo so che vi stresso, ma forse, finalmente, è tutto definitivo.
BIBLIOTECA COMUNALE (e giuro che è l'ultima volta che cambiamo location)
ore 21.00.
Raul Montanari c'è.
La piccola Vale pure.
Mi metto carina. Promesso.

13/10/07

La verità, vi prego, sulla pubblicità.

La dovete sapere la verità sulla pubblicità.
Dovete sapere chi vi manda in giro con le braccia alzate a urlare “riconoscersi a pelle”.
Chi opera alle vostre spalle mentre vi rifila la nutella.
Sono i Signori Burns della pubblicità italiana, o meglio, gli immortali delle grandi marche del mercato, che vi stanno accanto da quando siete nati.
Lo dovete sapere di queste aziende piramidali, con i pavimenti in linoleum al primo piano, con parquet al secondo e col marmo al terzo, via via che si va più su.
Dovete sapere che il piano dove sta il grande capo ha le porte insonorizzate e bisogna parlare bisbigliando.
Dovete conoscere la corte dei miracoli di chi sta sotto:
nane petulanti che stanno a capo del gruppo ricerche, donne grasse, brutte, insoddisfatte e cafone che vendono prodotti snellenti e per la bellezza del corpo.
Codardi senza palle dalla doppia faccia che ogni sera devono svuotare completamente la scrivania per evitare che quelli delle pulizie facciano spionaggio.
E’ gente che non può tenere niente di personale sulla scrivania, neanche la foto dei figli.
Lo dovete sapere chi c’è dietro quelle pubblicità con la ragazzina che saltella felice vicino al bidet.
Lo dovete sapere che dietro quegli spot dove annunciano che il deodorante è fatto apposta per voi, c’è un uomo di 90 anni che si fa cambiare il sangue.
Ci sono vecchi immortali che non sanno cos’è un computer, e che pretendono che tutti si alzino in piedi quando fanno il loro ingresso in una riunione.
Lo decidono con le tabelle in mano e col cronometro nel palmo, se uno spot vi piacerà.
Prima di fare una cosa qualsiasi, sappiate che vi hanno già incasellati, misurati, sondati.
Esistono schemi standard su cosa siete e cosa desiderate.
Ci sono uomini, anzi, vecchi, ottuagenari che ancora impastano la farina e il cioccolato e hanno accanto una schiera di 10 vecchi amici che devono assaggiare e votare.
Ma nessun voto più basso di 8 viene accettato.
C’è gente di 40 anni che viene presa a scappellotti dal capo, se sbaglia qualcosa.

Ci sono persone che quando arrivano a un minimo di posizione, tiranneggiano su quelli sotto, urlando, imponendo decisioni a caso, entrando nelle riunioni distribuendo il proprio biglietto da visita e dicendo “così finalmente capite chi sono io”.

Impacchettano e scelgono prodotti da specialisti, perché solo loro vi capiscono veramente, ma poi non aprono un blog per il terrore che la gente possa dare la propria obiettiva opinione sul prodotto.

Insistono a spendere 800 mila euro per girare 4 secondi di una nocciola che cade nel cioccolato, perché pensano che così facendo voi siate più invogliati a comprare.

Siete in mano a della gente triste, che ogni tre mesi ha il terrore di vedersi cambiare di posto e di ruolo.

Siete in mano a quelli che vogliono il super un po’ più grande perché si deve leggere meglio.

Ogni volta che prendete un deodorante neutro famoso, o un barattolo di nutella, o una qualsiasi delle cose che raccattate ormai automaticamente dallo scaffale, pensate che lì dietro c’è una schiera di persone tristi, con a capo un vecchio dinosauro che si ostina a non morire.

Pensateci. E fatemi una cortesia: quando c’è qualche ricerca di mercato, mentite.

12/10/07

Mi ricordo.

Io mi ricordo lo zaino dell’invicta a strisce bianche e blu orizzontali dove mettevo la roba per fare ginnastica a scuola.

Mi ricordo di Mimì Ayuhara.

Mi ricordo anche Crimy e Lamù.

Mi ricordo che Georgie era il primo cartone dove due si baciavano.

Mi ricordo anche che Ciobin mi faceva schifo.

Mi ricordo che nelle patatine c’erano le sorprese.

Mi ricordo le cabine del telefono e i gettoni col taglio in mezzo che servivano proprio per chiamare.

Mi ricordo che si usavano le spallotte imbottite sotto le camicie.

Mi ricordo le gomme profumate. E la collezione dei puffi.

Io mi ricordo la borsa della Naj Oleari.

Mi ricordo i capelli frisée.

Mi ricordo che facevamo il risvolto in vita per accorciare le gonne.

Mi ricordo gli scaldamuscoli fluorescenti.

Mi ricordo i ciuffi impossibili tenuti in piedi dalla spuma per capelli.

Mi ricordo le girelle e le pubblicità col pistolero.

Mi ricordo “Kiss me Licia” e i testi delle canzoni dei Bee Hive.

Mi ricordo la BMX.

Mi ricordo il Cioè.

Mi ricordo i poster degli Spandau Ballet e dei Bros.

Mi ricordo che anche gli italiani cantavano in inglese.

Mi ricordo che non volevo sposare Simon Le Bon: era vecchio.

Mi ricordo la Smemo.

Mi ricordo le espadrillas.

Mi ricordo che i film cominciavano alle otto e mezza di sera.

Mi ricordo i mangianastri. E le cuffiette con la spugnetta.

Mi ricordo le penne Replay.

Mi ricordo la sigla di Lessie. E ogni volta piangevo.

Mi ricordo che lo smalto per le unghie c’era solo nelle tonalità dal rosso al rosa.

Mi ricordo del Cristal Ball.

Mi ricordo le Big Babol e i palloni che ti scoppiavano in faccia.

Mi ricordo che si beveva il Billy e che non c’era niente di più buono.

Mi ricordo che i tegolini erano quadrati.

Mi ricordo i maglioni troppo lunghi e troppo larghi.

Mi ricordo i paninari. E i punk con le creste.

Mi ricordo le reebok bianche che ti facevano il piede a banana.

Mi ricordo i ronfi.

Mi ricordo la tv senza telecomando.

Mi ricordo il sacco nero- e solo nero- dell’immondizia.

Mi ricordo il mangiadischi rosso dei 45 giri.

Mi ricordo che il 45 giri di Capitan Harlock era in vinile blu.

Mi ricordo che le Barbie erano solo bionde e col costume intero rosa.

Mi ricordo del castello di Grayskull.

Mi ricordo che lo stereo era fatto a strati e più era grosso, più era bello.

Mi ricordo che la scocca della tv era solo nera.

Mi ricordo del Dixan nei fustini cilindrici.

Mi ricordo del telefono grigio della sip.

Mi ricordo della 500 senza poggiatesta e lo scoppiettio del motore.

Mi ricordo la Peugeot 205.

Mi ricordo anche della Ritmo.

Mi ricordo che non c’erano i limiti di velocità e l’obbligo delle cinture.

Mi ricordo l’autoradio che si sfilava e si dava in mano alla fidanzata perché la portasse lei.

Mi ricordo la lotta ai brufoli e ai punti neri.

Mi ricordo che si giocava solo a pallavolo.

Mi ricordo il calippo da 500 lire.

Mi ricordo i banchi di scuola in formica con a destra i buco per il calamaio.

Mi ricordo le palline che si facevano tra le dita lavorando il Vinavil.

Mi ricordo che la coccoina che si spalmava con l’apposita paletta.

Mi ricordo che c’era una sola maestra. E basta.

Mi ricordo “Noi ragazzi dello zoo di Berlino” di Kristiana F.

Mi ricordo Bingo Bongo con Celentano.

Mi ricordo dell’enciclopedia a 40 volumi.

Mi ricordo che le puntine del giradischi ogni tot si cambiavano.

Mi ricordo che nessuno aveva il bancomat.

Mi ricordo che il bagno si faceva la domenica mattina.

Mi ricordo i MonCiccì.

Mi ricordo il Commodore 64.

Mi ricordo il gioco delle coppie e doppio slalom.

Mi ricordo “giochi senza frontiere”.

Mi ricordo i moretti nella carta rossa e oro che si compravano solo in Svizzera.

Mi ricordo “non è la rai”.

Mi ricordo Supercar. E Magnum PI.

Mi ricordo quando Gerry scotti faceva Smile.

Mi ricordo Uan. E bim bum bam.

Mi ricordo Hello Spank e mia madre che pensava che fosse un gatto, non un cane.

Mi ricordo il gioco a pile coi pesci che abboccavano alla calamita.

Mi ricordo che non c’erano i cinesi.

Mi ricordo del salvadanaio col bruco mela.

Già.

10/10/07

Vengo anch'io!

E' ufficiale: venerdì 19, alle 21,00, presso la chiesa sconsacrata di San Rocco, a Carnago (Varese),
io e Sua Maestà Raul Montanari parleremo del mio libro e del piacere della scrittura.
Io sarò tutta intimidita. Lui sarà bellissimo. E fisicato come sempre.
Ci venite, vero?

Pendolarismi.

Ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di romantico nel buttarsi sotto i treni.
Mi commuove il pensiero, l’attesa della locomotiva in arrivo, la scelta di farlo spesso da una banchina, attendendo un treno in transito che vada ad una velocità decente.
Meno truce che farlo sotto i vagoni del metrò.
Aria, sole, magari in una giornata di luce.
Scegliere il binario.

Fare il pendolare della vita all’ultima corsa.

L’ho trovato dignitoso: un treno delle Nord carico del mattino.
Pieno soprattutto di studenti e impiegati.
Poca gente di colore. Extracomunitari quasi nessuno.
Questi treni sono più puliti di quelli dello stato.



Ieri mattina è andata così.
Il mio treno è sfilato silenzioso di fianco a quello fermo a Novate.
Sui binari un lenzuolo aperto a volo d’angelo.
Sotto quello che era stato qualcuno.
Allora c’ho fatto caso, a com’è Novate. E vista dal percorso obbligato dei binari, non mi è sembrato nulla di che.

Una volta arrivati in stazione ho sentito che forse era un ragazzo, uno studente, rimasto impigliato nel locomotore con lo zainetto.

E allora ho pensato che la morte ogni tanto ha una certa ironia.
Ti gioca dei brutti scherzi.
E il pensiero romantico dell’ultimo salto sui binari prende la brutta, sconsolante forma della sfiga.


(Oggi sul giornale c’era scritto che era un capotreno. Ha mancato l’appiglio, salendo. Chissà perché gli incidenti sul lavoro mi fanno meno tenerezza).

Loster.

Oggi Edo dice che prorompo dalla maglietta.
E' vero.

09/10/07

Presenze.

Se ne sta accucciata qui, un po’ in disparte.
Non sono ancora riuscita a vedere bene che faccia ha.
Mastica gomme. In continuazione.
Rumina a ritmo fisso.
E mi guarda annoiata, con insistenza.
Come una che sa già cosa c’è da fare.

Chiara mi tormenta.
(Sì almeno il nome lo so.)

E’ una di quelle che ti guardano tenendo il mento basso.
Butta le pupille in su.
E non molla la presa.

La prenderesti a schiaffi, Chiara.
Se non altro per quel modo tutto suo di andare dritto in faccia alla vita. A tutto quello che le capita.
Senza ragionare.

E’ qui.
Viene a disturbare nel momento meno opportuno, quando sto facendo tutt’altro.
E quando dico tutt’altro è proprio quello lì, il su e giù che si fa insieme.
Ecco. Lei lì in mezzo c’è sempre.
Nel momento in cui tutto il corpo si rivolta e implode, lei si palesa sulla porta.

Lo so cosa vuole da me.
Vuole essere scritta.

Non se ne andrà fino a che non l’avrò accontentata.

08/10/07

Attenzione! Presentazione!

Il 19 ottobre farò una presentazione a Carnago (Varese).
Forse con Raul Montanari.
O almeno, lo spero. I dettagali mi sono ignoti. Vi terrò amorevolmente aggiornati (se lì fuori qualcuno mi legge).

Ho scritto un romanzo. Posso fartelo leggere?

Quando un giovane autore – o una giovane autrice- vuole che tu legga quello che scrive, prima ti aggancia con varie mail mielose, poi ti chiede se hai tempo di leggere il suo lavoro, sai l’ha spedito a varie case editrici, una forse glielo pubblica, ha avuto commenti riguardo al fatto che “scrive dannatamente bene”.
Tu speri bonariamente che abbia ragione, e nonostante le altre cose che hai da fare, ti fai spedire il plico.
Da lì comincia il delirio.

C’è l’ansia dell’attesa. La sua. Perché hai la sua opera tra le mani e non vede l’ora che tu la legga.
E allora ti manda mail carine tipo:
“Ciao Vale, ma che fine hai fatto? Non ti fai sentire più....baci”

Poi ti fai coraggio, apri il carteggio, cominci a leggere, e tutti i flebili dubbi che avevi rispetto alle sue tanto decantate doti, si concretizzano.
Quello che ha scritto è semplicemente brutto.
Oggettivamente brutto.
Allora glielo spieghi con le buone, che è tutto da prendere e cestinare.
Badate, non da rifare, ma proprio da buttare.
Non si salva niente, quello che ha scritto è un morto che cammina, e certi mostri vanno abbattuti.

Spiego con calma al giovane autore (che è anche donna, eh), che deve leggere, esercitarsi, insistere.
E la capacità di cestinare è un segno di crescita, di capacità di autocritica.
Arrivo da centinaia di pagine cestinate e da migliaia di incipit abortiti, io.

Ti spieghi molto sinceramente, perché è questo che ti ha chiesto: un giudizio sincero. Tu ti sei trascinata fino a pagina trenta senza riuscire ad andare oltre.
Perché di più non si poteva.

Stili la mail più educata del pianeta, ma anche la più ferma.
Invii.

Dopo un po’ arriva la sua risposta:
(ne faccio una sintesi… anche perché non vorrei sentirmi dire che non rispetto la privacy e cazzate simili)

(…) Accetto i tuoi giudizi
(…) ma ognuno crea il proprio stile anche nella confusione...chi lo ha letto ha capito benissimo l'ambientazione e via dicendo ed è stato catturato dal mio modo di scrivere
(…) ma ti posso assicurare che in giro ho letto tanta spazzatura che è stata pubblicata, senza un filo logico e senza dare emozioni...comunque questo è il tuo parere, non di tutti per fortuna. Ti ringrazio lo stesso.

Poi arriva una seconda mail di “rettifica” sui contenuti.

(…) Ah dimenticavo di dirti che ogni artista vive per la propria arte, e non per il commercio...è vero io scrivo per me stessa, non per gli altri, e questo mi basta.


Al che uno si domanda: E allora perché cazzo vuoi pubblicare?

(…)Non dico che il mio libro è un capolavoro(non ho questa presunzione), ma non mi sembra che sia totalmente da buttare via e cmq un lavoro (essendo una raccolta di storie), non si può giudicare dopo solo trenta pagine!!!


Faccio notare- ed è la verità- che nelle case editrici leggono solo la prima pagina. Se quella non convince, il lavoro finisce nel più grande archivio del mondo: il cestino.
Mi è stato chiesto un giudizio, l’ho dato.
Quindi come dire: tanti baci e in bocca al lupo per il futuro.

Risposta:

(…)per quanto riguarda lo stile di uno scrittore, non esistono più dei criteri da rispettare, anche la letteratura è diventata sperimentale...si vede che non conosci tanta letteratura inglese, da Virginia Woolf, James Joyce, Eliot
(…)… per fare della critica bisogna anche saperla fare ed essere aperta a varie espressioni che non siano necessariamente standard...

(…)il lettore deve collaborare col testo, deve essere un lettore attivo...leggi "Sei passeggiate nei boschi narrativi di Eco" o "Gli attrezzi del narratore" di Perissinotto...dal Novecento in poi non si cerca più un autore passivo, ma un autore che collabori col testo....

N.B.
Se ragiono da semplice lettrice, a me, quelli che mi danno un libro in mano e mi chiedono anche uno sforzo, oltre alla fatica di leggerli, mi fanno veramente incazzare.


(…)i giudizi costruttivi servono, non quelli distruttivi come i tuoi.

Mi domando: allora i giudizi costruttivi sono solo quelli positivi?
Io ho ricevuto migliaia di rifiuti. E mi sono serviti tutti.

(…) Non si butta mai un lavoro, perchè per quanto sia sbagliato, serve sempre per correggersi...Cara mia scrittrice hai tante cose da imparare anche tu, prima di salire in cattedra e giudicare...io continuerò per la mia strada...e ricorda che non si giudica una buona cena solo se si è allergici all'antipasto!


E poi il gran finale:

(…) però non essere così arrabbiata quando dai una valutazione, perchè davanti a te hai sempre e comunque una persona, con la sua sensibilità, è evidente che non conosci l'arte dell'eufemismo...potevi dire le stesse cose in maniera diversa...ma evidentemente non conosci dei modi più garbati...Ci tengo a precisare che accetto i giudizi, ma non il modo in cui li esprimi. Sei fredda, distaccata, distruttrice....

Infatti chi mi conosce sa che ho lo sguardo da invasata, urlo come un’ossessa qualsiasi cosa mi si chieda e soprattutto picchio i bambini.


(…)credo che dovresti respirare un pò e rilassarti, e rivedere una parte del tuo carattere che non è sinceramente facile da sostenere.....mi hai deluso, perchè vedevo in te una persona da cui poter imparare qualcosa, non una che mirasse a farmi passare la voglia di scrivere...le persone vanno incitate, non distrutte...saresti una pessima insegnante.

Ah, ci tenevo a precisare che ho lasciato la punteggiatura e la grammatica intatte.
E’ con estremo orrore che sto notando come la maggior parte delle persone (giornalisti compresi) scrivano “un po’” con l’accento invece che con l’apostrofo.


Che dire?
Aspetterò con ansia l’uscita del suo libro in tutte le librerie.
Torno a rimorchiare in rete, vah!

Ah, non chiedetemi di leggere i vostri lavori: non lo farò.

05/10/07

Madame V

Ieri è stato il giorno dello shopping compulsivo.
Madame V è un luogo d’altri tempi.
Dove una signora distinta ti apre la porta indossando una camicia nera elegantissima e una gonna lunga con una fascia a lacci stretti che le delinea la vita.
Ci sono appendini, ma anche armadietti laccati di nero, che ricordano i boudoir e case private cinesi.
Attorno, tutto finissimo armamentario al femminile.
Pizzi e crinoline di alta qualità, corsetti, bustini tempestati di perle, coordinati di raso, frangette charleston.
Piume deliziose e oggetti che fanno della civetteria una dota meravigliosa.
Finezze che solo una donna può desiderare.
Il genere di biancheria che solo un uomo con molto denaro e parecchio buon gusto ti può regalare.
E’ tutto gioioso: dal bellissimo divano tondo al centro, con la vetrinetta interna piena di frustini luccicanti e collari swarovsky.

Tutto è a misura di donna, calibrato con eleganza.
Niente feticci di plastica. Fluorescenze o super size.
Qui tutto è femmina.

Anche lei, che con quell’accento straniero, forse russo, ti elenca carinissima tutte le cose più simpatiche che puoi indossare facendoti sentire a casa.
I camerini di prova sono dietro a tendaggi spessi, teatrali.
E anche lì sedie, armadietti, pizzi che vogliono solo essere provati.
E mentre si china per mostrarti anche quell’altro articolo che forse potrà piacerti, la scollatura si apre leggermente, la lunga collana di perle dondola fino alla cinta.

E una volta tanto vorresti sapere lei cosa porta, sotto quella camicia nera.

03/10/07

Covare.

Sono ufficialmente tra quelle che pisciano ogni mattino sul tamponcino assorbente.
Sono una del terziario avanzato che usa ‘PERSONA’: l’infernale macchinetta pro o contro fertilità, a seconda.

La scienza e la tecnica hanno fatto di me una donna leggibile, classificabile, riscontrabile.
Il display conta e decanta la mia ovulazione.
Ogni mattina (12 nel primo ciclo, per la precisione), miro e sparo un po’ a casaccio centrando il tampone assorbente, una linguetta chirurgica in microsfere assorbenti che succhiano con l’urina i miei primi ormoni del mattino.

Non è vero che diventa tutto meccanico: a me rompe le palle alzarmi e dover spalancare il dannato coperchietto.
Le luci si sintonizzano, si calibrano, e poi il led giallo mi incita al doveroso assegno.
Calo le braghe, e non solo nel senso filosofico del termine.
Mi accomodo, scarto il tamponcino e mi concentro.
Alle sei meno dieci del mattino.


La vescica si strazia nel controllo del getto, miri fin che puoi, con gli occhi impastati di sonno.
Devi centrarlo, eh! Deve essere imbevuto delle dorate gocce del mattino.
Poi tappi e aspetti che la linguetta di controllo cambi colore. Intanto finisci, e quello che dovrebbe essere liberatorio non lo è più del tutto. Resta quel fastidio al basso ventre, mai soddisfatto del tutto.

Inserisci il tampone nel comodo lettore e aspetti il resoconto.



Oggi ho l’ovetto fecondabile comparso sul dispaly.
Sono tutta un ormone positivo.
Una femmina in assoluta predisposizione generativa.
Sono la dea madre del pianeta.
Un concentrato di femmina ancestrale.

Sono statisticamente più donna del solito.

Che qualcuno mi fermi!

30/09/07

Presentazione

Mi mettono un microfono in mano e due cadaveri seduto uno alla mia destra e uno alla mia sinistra.
Uno parla di una trama a tre binari, con battaglie medievali, guerre civili e il futuro prossimo. Ma non tutto insieme: il lettore dovrà fare la fatica di mettere tutto in ordine cronologico.
L'altro invece ci ha messo 17 anni a scrivere quello che ha scritto.
Parla del suo io, del suo ego e del suo superego. Parla solo di cose che gli sono successe. Solo di quello che gli capita.
Parla piano, ha la faccia da boyscout. Lavora in svizzera come assistente in una comunità. Ma non parla della gente che segue, no, parla di sé stesso.
Fa 20 minuti a parlare di se stesso.
Mio padre intanto si sta addormentando su una sedia.
Ed è un dramma, perché se comincia a russare sono finita.
Poi torniamo all'altro, che dice che è bello pubblicare per un piccolo editore perché difendono la grande letteratura, perché lui aspira alla grande letteratura, all'arte. Non importa se non lo legge nessuno.
Però lo dice fissando a terra.
Intanto un ragazzo baffuto dalla faccia simpatica mi sorride dalla prima fila. Accondiscendente.
Mi si deve leggere bene per esteso sulla fronte che mi sto rompendo le palle.
C'è scritto a caratteri cubitali che non me ne importa niente.
Mentre questi parlottano ho tutto il tempo di contare le colonnine del cortile dove stiamo fingendo di essere interessanti.
Il pubblico sbadiglia.
Mi stupisce che non se ne siano ancora andati.

La giornalista che modera l'incontro chiede a uno dei due che cosa sta scrivendo.
Lui replica che meno di un mese fa ha scritto una specie di poesia, o forse no, non lo sa neanche lui di che cos'è.
Ma come diavolo fai a dire certe cazzate?
Io spero solo che ci metta altri 17 anni a scrivere il prossimo.
Questa gente non ha capito cosa sta facendo.
Come fanno a non accorgersi del torpore in cui hanno fatto sprofondare la platea?


Poi mi passano il microfono. Mi chiedono di leggere un brano del libro.
"Bene, così diamo subito una bella sfoltita al pubblico" dico io. E lo penso davvero.

Leggo poche righe, neanche troppo umide.
Ho imparato a legger a voce alta senza vergognarmi.
Ho imparato a fissarli mentre ascoltano.
Li voglio tutti sull'attenti.

E funziona. Perché anche mio padre si sveglia.

Poi si torna agli altri due e la serata scema in niente.
Non mi fermo a firmare autografi: nessuno me ne chiede. Poco male, non voglio essere ricordata per questo incontro.
Solo il ragazzo baffuto mi ferma per farmi i complimenti.
Il giorno dopo sulla Prealpina uscirà un articolo che commenterà "Valentina Maran padrona di scena al Festival del racconto".
Pare che la mia personalità abbia schiacciato gli altri due. Già, talmente tanto che anche il giornalista ha dato il mio cognome a uno degli altri due autori.

Questo direi che è un bel punto e accapo.

27/09/07

Cose da donne

"No, cioè... io non posso usare un vibratore... se una volta finito d'usarlo non mi chiama, poi ci resto male!"

Grazie a Cristina Mazzocca per esistere. E per essere così meravigliosamente femmina.

Internettiana

Ho deciso di sparpagliarmi.
Voglio finire spalmata in beta e pixel.
Mi sono maispessata, fotobookkata, bloggata.
Voglio essere ovunque.
Ho le mie creature internettiane da accudire, facce più o meno finte da gestire.
Amici molto approssimativi da concupire.
Sono l’immagine che posto di me.

Ma quando mi scorderò un link, una password,
quando non avrò altro da dire, che fine faranno i miei spazi virtuali?

Chi si occupa dei siti morti?
Fluttuano nell’aria? Si aggrappano all’orbita dei siti vivi?
Si sminuzzano in tante piccole particelle?
Ne resta memoria?

E se muoio? Chi risponderà alla posta? Non si sentiranno soli quelli che mi chiedono l’ADD?
Qualcuno si fingerà me e finirà il lavoro?

Non so perché, ma non mi basta internet per sentirmi immortale.
La parte romantica di me dice che ci vogliono i libri e la carta stampata.
Nei secoli dei secoli.

E poi di persona sono più interessante.
Si possono vedere bene i difetti.

26/09/07

Ah, le donne no!

Dal corriere.it di oggi:
"Allarme dei medici: troppe donne.
Ve lo immaginate un uomo che si fa visitare dall’urologa? Fra un paio d’anni sarà una realtà diffusa che dovrà accettare anche chi, per orgoglio maschile o per imbarazzo, ora è refrattario.
nel giro dei prossimi 10 anni, ben otto camici bianchi su dieci nasconderanno forme femminili. Se ne discuterà venerdì in un grande convegno organizzato a Caserta dalla Fnomceo, la federazione degli ordini di categoria, presieduta da Amedeo Bianco.
Che lancia un allarme, una denuncia, partendo dai numeri raccolti dal suo vice, Maurizio Bennato: «Affrontiamo in modo diverso il futuro altrimenti alcune specialità, soprattutto quelle che oggi sono monosex, andranno in crisi. Sono molto favorevole alle donne medico, ma non nascondo una certa preoccupazione. Dobbiamo studiare un sistema tale da garantire qualità e potenzialità senza ridurre l’offerta »"

Ma preoccuparsi di cosa?
Cosa c'è di tanto scandaloso nel farsi visitare alla prostata da una donna?
Io ho un ginecologo maschio. Niente di esaltante. E' un vecchio che non mi sta neanche troppo simpatico. Ma il suo mestiere lo sa fare. E mi ascolta quando parlo. E' tempestivo quando ho bisogno di aiuto.
Quindi va benissimo.

Di cosa hanno paura?
Che lei abbia le unghie troppo lunghe e la visita sia dolorosa?
Spaventa così tanto farsi prescrivere il Viagra da una donna?
La convivenza con l'imbarazzo è un sentimento solo al femminile?
Dio... e ci fanno pure un convegno su questa cazzata!


Dietro il ditino accusatorio e alle bandiere in favore delle quote azzurre ci vedo sempre la paura di perdere i soliti posti di potere che gli uomini, i maschi, non riescono più a tenere.

Auguro al presidente dell'associazione un bell'attacco di emorroidi. Di quelli da ricovero.
E speriamo che al pronto soccorso ci siano solo donne.

25/09/07

L'ABC.

Se trovo quello che ha detto "farsi un blog è facile" giuro che l'ammazzo.
Sì, ho lasciato tutto basic.
Sì, non c'ho ancora messo le foto.
Sì, sto imparando.
Con calma, neh?

Non so ancora cosa ci farò. E se avrà un senso. Direi che almeno per educazione è meglio darvi il benvenuto.

Quindi ciao.

E da qui si comincia.

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